WEAK LINK
Daniel Bryan, Daniel Bryan e ancora Daniel Bryan: la WWE in questo momento è Daniel Bryan. Il dissidio tra questi e Kane è finalmente tornato a galla ed ha letteralmente monopolizzato l’attenzione di chi segue gli show. In più c’è ancora in corso un feud con lo Shield, riemerso anche questo negli ultimi tempi ma iniziato verso la fine del 2012, che regala match a cinque stelle settimana dopo settimana. Il rovescio della medaglia è però una situazione stagnante, monotona, noiosa e poco interessante. La battaglia del lunedì sera con i Playoff NBA, nella quale già Raw partiva sfavorito, è stra-persa fino ad ora e potrebbe addirittura peggiorare nei prossimi giorni.
2.66 - Questo il rating dell’ultima puntata di Monday Night Raw. E non si può dare la “colpa” solo all’NBA se gli ascolti son così bassi: è vero che il Basketball ha un seguito decisamente maggiore del Wrestling negli States; ma obiettivamente si fa fatica a guardare il prodotto WWE ultimamente. C’è un’assenza importante come quella di CM Punk, è innegabile, ma non si può pretendere che questi da solo possa tenere in piedi la baracca. Le scelte della dirigenza sono discutibili e il creative team è, usando un eufemismo, spento.
Parliamo per esempio della WWE App. A Stamford hanno avuto un’ideona: un’applicazione per smartphones che permette di guardare degli atleti negli spogliatoi intenti a guardare il match che nel frattempo va in onda in TV. Eh? Per chi fosse così fortunato da non conoscere ancora la WWE App fin nei suoi meandri più profondi, cortesia di un Michael Cole che al tavolo di commento non perde occasione per promuoverla; occorre sapere che il nucleo centrale della WWE App è la parte Active, la quale offre dei contenuti interattivi durante gli show della federazione. Si tratta, in sostanza, degli ormai celeberrimi sondaggi pilotati -Sì, mi “autocensuro”- per scegliere roba interessante come:
Quale sarà la stipulazione del match tra X ed Y? A)No-DQ; B)No-DQ con un altro nome; C)No-DQ con qualche pin fuori ring.
Oltre a ciò, la WWE ci dà l’opportunità di guardare grazie all’App gli entusiasmanti tre-quattro minuti di Headlock che si hanno quando c’è una pubblicità durante un match e, udite udite, la possibilità di ascoltare cos’ha da dire Brodus Clay piuttosto che Zack Ryder su Curtis Axel mentre questi combatte. Sarebbe tutto Ok, se avessimo la facoltà di decidere noi spettatori di utilizzare o meno la WWE App. Ma non è così. Questa piaga affligge da mesi tutti gli show, anche Raw, che si era in parte salvato dall’epidemia dei recap chilometrici. Il lavoro dei commentatori USA è diventato semplicemente quello di segnalare che si può fare qualcosa con l’app o di sorridere armeggiando con lo smartphone in mano.
Tutto questo per dire che se già i fan non sono impegnati a schiacciare invano il pulsante del fast-forward, sebbene l’evento sia in diretta, perché non ne possono più di vedere Big E Langston contro Alberto Del Rio, di certo lo saranno vedendo il “simpaticissimo” Jerry Lawler guardare tutti i profili delle Superstar mentre queste combattono. E dopo un po’ ci si stufa di premere >> e si cambia canale.
Ma parliamo ora di quanto ho appena accennato, ossia la bassa qualità del prodotto WWE in sé. Sono indisponibili sia Jack Swagger che Dolph Ziggler. Bene, pare logico che ogni settimana Big E Langston e Alberto Del Rio debbano affrontarsi sia a Raw che a Smackdown che a Main Event. E lo sembra anche il fatto che Big E non sia mai sottomesso da Del Rio e che perda solo per roll-up. È perfettamente sensato che il “bodyguard” del campione del mondo sia, a livello mark, più forte del campione stesso, no? Che poi, tra l’altro, ancora non s’è capito cosa ci faccia Big E Langston là in mezzo. Ho già affermato in altre occasioni che il suo accostamento a Dolph Ziggler potrebbe forse aver giovato all’NXT Champion, ma di certo ha intaccato ancor di più lo status di un World Champ che già di per se è arrivato al titolo grazie alla valigetta del Money In The Bank, non proprio come dominatore assoluto della scena. A livello di storyline ancora fatico a comprendere l’importanza di Big E. Ha aiutato Dolph Ziggler a trionfare in alcuni match, ok, ma si poteva tranquillamente fare in modo che fosse AJ a svolgere tale compito (chiaramente in maniera differente ma con medesimo risultato). Langston, dal canto suo, poteva tranquillissimamente esordire in singolo e portare avanti qualche sua battaglia, non di Ziggy. Per quanto (poco) ho potuto sentire, l’abilità al microfono non gli manca.
E se la situazione per il titolo del mondo è drammatica (ma si spera si riprenda col ritorno del campione) non naviga in acque migliori il WWE Championship. Ryback sta al Main Eventing come Mozart alla dubstep; non è il suo posto quello di #1 Contender. Al sottoscritto di norma fa piacere che ci siano volti nuovi a giocarsi le cinture e non gente che lotta due volte all’anno; però tra tutti i talenti del roster l’ex Skip Sheffield è uno dei meno adatti. Le sue abilità in-ring non sono eccelse (non è scarsissimo, per la sua stazza, ma non mi pare neanche un fenomeno dopotutto) e, mancanza ben più grave in WWE, al microfono è indecoroso. Il suo character non è il massimo, anzi, è qualcosa di poco originale di cui io, personalmente, farei volentieri a meno; in più Ryback non riesce a trasmettere un minimo di cattiveria, un minimo d’enfasi. Il suo continuo ansimare, ripetere idiozie come Ryback Rules, Finish him o Feed Me More e battersi la mano sulla fronte lo fa passare per un completo idiota temibile quanto i jobber che squashava un anno fa. John Cena, dal canto suo, non è “ispirato” in questo periodo: già nell’ultimo capitolo del feud con The Rock non aveva tagliato i suoi migliori promo, ora la crisi continua e gli haters fanno festa. La sensazione è che a Payback la rivalità Ryback-Cena avrà termine e che Ryback non combatterà più, in tempi brevi, per il WWE Championship. Magari in futuro crescerà sul ring e al microfono, ma per ora credo sia stato un errore puntare su di lui. E i ratings ne risentono: quello che dovrebbe essere il Main Event di Payback non attira tantissimo, malgrado la stipulazione insolita.
Parliamo ora dell’unica cosa realmente interessante attualmente in WWE: Daniel Bryan e ciò che è a lui collegato. The Dazzler sta dando evidenti segni di instabilità mentale ultimamente e la storyline del Weak Link, da cui questo numero dell’Insider prende il titolo, è una delle più riuscite degli ultimi tempi. Avevo espresso, qualche settimana fa, il mio crescente disinteresse verso il team Hell No; ma devo assolutamente ricredermi. Kane e Bryan, ormai prossimi allo split, stanno entusiasmando con il loro stranissimo rapporto. Fa specie in particolare vedere il Big Red Monster, il fratello di Undertaker, il demone preferito di Satana, nei panni dell’amico che si preoccupa per D-Bryan e sopporta i suoi scatti di nervi (fino a un certo punto, come s’è visto a Smackdown). È un qualcosa di nuovo che, francamente, non mi dispiace. Inoltre la situazione si evolve pian piano e, malgrado i match che vediamo sono combattuti sempre dagli stessi atleti (vediamo membri dello Shield contro il Team Hell No molto frequentemente), la cosa non stanca come nel caso di Big E Langston e Alberto Del Rio, sia perché c’è una solida costruzione alle spalle dei match sia perché effettivamente si tratta di match di altissima qualità. Aspetto con ansia di vedere lo Shield ed il Team Hell No in azione in Pay Per View, se non altro perché sono davvero curioso di vedere se il break-up definitivo tra Bryan e Kane arriverà già a Payback. Io mi auguro che sia così: Daniel Bryan merita di ritornare a competere in singolo per obiettivi importanti. Magari non sarà nel Main Event di Money In The Bank contro John Cena, come si legge su diversi siti di news/rumors relativi al Wrestling; ma tornerà in alto in poco tempo. Uno come lui non potrà far la muffa nel mid-carding a lungo.