E’ passato più di un anno dall’arrivo di Hogan e Bishoff in TNA e si possono incominciare a tirare le somme definitive sul loro operato. Se la TNA fosse valutata come una normale azienda di un qualunque settore commerciale ai due nuovi responsabili sarebbero stati richiesti degli obiettivi da raggiungere in un determinato periodo di tempo. In caso di fallimento sarebbero state chieste delle spiegazioni, sarebbero state apportate serie modifiche o si sarebbe addirittura giunti al licenziamento dei due
manager incapaci di raggiungere gli scopi prefissi. Non è fantascienza, è realtà. Aprite un qualsiasi quotidiano in un giorno qualunque e troverete sempre notizie di grandi multinazionali che allontano un manager per divisioni interne, fallimenti, cali d’immagine o miglioramenti della concorrenza. E’ il mercato baby.
Purtroppo la TNA, come spesso accade nello sport e le società calcistiche ne sono un fulgido esempio, sembra rifuggire queste logiche stringenti e razionali e pertanto continua a comportarsi come se nulla fosse. Infatti Hogan e Bishoff erano stati assunti nell’inverno del 2009 con un intento chiaro e preciso: dichiarare guerra alla WWE.
Nel gergo del marketing si tratta di un operazione di attacco diretto ai punti di forza del competitor principale per conquistare quote di mercato. Nel gergo dello
sport-entertainment significa ripetere l’impresa della
WCW di superare in termini di ascolti il leader incontrastato. Ditelo come volete, l’obiettivo era chiaro e lampante. Di certo il motivo per cui il magico duo era stato assunto non era relativo alla qualità degli show. In quel periodo la TNA andava benissimo e sotto il profilo dello spettacolo, sia in ring che fuori, la federazione dall’arrivo di Russo non aveva mai sofferto. Non a caso la Carter aveva più volte ribadito che il loro apporto sarebbe stato relativo semplicemente a questioni manageriali e di produzione televisiva ma che non avrebbe inficiato il lato creativo della compagnia. In quest’ottica la decisione del managment TNA era apparsa sensata. Hogan era ed è la leggenda per definizione nel mondo del pro-wrestling, un uomo la cui notorietà è superiore allo stesso spettacolo, uno showman noto a chiunque su questo pianeta. Bishoff invece per quanto personaggio controverso e discutibile era un esperto di comunicazione televisiva, un vecchio lupo di mare del broadcasting che aveva saputo battere la WWE per quasi due anni di fila grazie al suo acume manageriale.
Peccato che la realtà sia stata completamente diversa. Fin dal loro pomposo arrivo in TNA il 4 gennaio si capì che la federazione sarebbe stata nelle loro mani. La comparsa di vecchi amici di Hogan come i lipidici Nasty Boys, il carneade Orlando Jordan e il penetrante Val Venis instillarono il tarlo del dubbio in alcuni dei fans della compagnia. Che Hogan e Bishoff vogliano trasformare la TNA nel loro giardino privato? Dubbio che presto che sarebbe divenuto triste realtà. Bastarono infatti due settimane per abbattere quello che era il simbolo maggiormente caratterizzante e distintivo della compagnia: il ring esagonale. Qualunque esperto di marketing vi potrà confermare che se c’è una cosa che è bene non cambiare in un
brand, vincente o fallimentare che sia, è la sua estetica, gli elementi visivi di immediata riconoscibilità. Un conto è migliorare il logo o modificare il colore rappresentativo ma un altro è eliminare un tratto distintivo della marca. Come se alla Ferrari togliessero il cavallino rampante dal logo o alla Coca-Cola decidessero di togliere dal mercato la storica bottiglietta di vetro. Ecco per la TNA il ring esagonale era ciò che la bottiglietta è per la Coca. Un segno distintivo che la rendeva diversa dalla concorrenza e per questo unica e diversa. Nella testa malata e anacronistica di Hogan il ring esagonale invece era un ostacolo al raggiungimento della notorietà da parte della TNA. Bloccava il pubblico, lo sconcertava perché notava un ring strano e diverso da quello a cui erano abituati. Ora è evidente che il ring esagonale non fosse un problema ma anzi un opportunità. Infatti era un elemento che chiariva con immediatezza la differenza rispetto alla WWE e che poteva spingere alla curiosità lo spettatore casuale. Forse non era un vantaggio ma di certo non era un impedimento al successo. Era comunque un elemento importante dell’essenza della federazione, come lo era l’arena di Philadelphia per i fans ECW. Ma va bene, passi per il ring a quattro lati, passi per l’ignobile rampa che impediva qualunque forma di movimento e concentriamoci sui contenuti. La TNA della prima parte del 2010, fino a settembre-ottobre, è stata la più brutta TNA della storia per mancanza d’idee, monotonia, pochezza qualitativa degli incontri, mancanza di rispetto all’intelligenza dello spettatore e trash mostrato. Un revival non richiesto e poco profittevole della
WWF degli anni 80 con mostri rivitalizzati da anelli magici, scene degne delle comiche, wrestlers muscolosi e
face ed
heel stereotipati. Cose già dette e stradette, inutile ripetersi.
Gli ascolti? Come il 2009, in certi casi persino peggio considerando quanto raggiunto dalla compagnia sul finire dell’anno precedente con punte di 1.3. Le grandi manovre televisive? Un fallimento disastroso. La prima genialata fu lo spostamento di Impact al lunedì sera per ridar vita alla Monday Night War. Sembrava una buona idea per ridare entusiasmo all’ambiente mortificato e annoiato del Pro-Wrestling americano e invece si rivelò un insuccesso clamoroso per la TNA che fu talmente distrutta sul piano degli ascolti che nel giro di un mese tornò a gambe levate al giovedì sera. Se in un azienda normale un manager avesse realizzato un piano di attacco alla concorrenza per poi ritirarlo un mese più tardi dopo aver investito tempo e denaro nell’operazione sarebbe stato cacciato seduta stante, magari con una pedata sugli stinchi. Invece i due sono rimasti e hanno continuato a fare danni. La seconda manovra è più comprensibile, più arguta ma comunque fallace. Lo show “TNA Reaction” che voleva essere una sorta di talk show di approfondimento di Impact non era un concept malvagio ed era anche abbastanza innovativo. Si rivelò molto utile per spiegare come gli Immortals avessero preso controllo della federazione e permise di mettere in mostra il lato umano di diversi personaggi. Tuttavia si tirò troppo la corda, come si suol dire, e molti fans smisero di seguirlo perché presi in giro da match che iniziavano ad Impact e finivano a Reaction, che di fatto era divenuto una prosecuzione dello
show principale.Gli ascolti sono così calati e la TNA, d’accordo con Spike Tv, si è trovata costretta ad abbandonare il progetto dopo appena tre mesi. Per essere la grande idea di Bishoff non proprio un successo straordinario.
Passiamo ora all’aspetto più interessante per noi fans di wrestling, ovvero la gestione del materiale umano a disposizione. Uno degli obiettivi principali che si dovrebbe porre qualunque manager di qualunque settore di attività è la valorizzazione dei talenti aziendali. A maggior ragione ciò vale nel mondo dello spettacolo, dove il valore generato per lo spettatore scaturisce al 90% dalla possibilità o meno dei talenti di esprimersi al massimo del loro potenziale “artistico”. Dunque la domanda che è doveroso porsi dopo un anno di gestione è : Quali stelle sono state create? Quali talenti sono stati mortificati?
In risposta al primo quesito si potrebbe portare il caso di Ken Anderson. Non vi è dubbio che l’ex Mr.Kennedy sia a livello di entertainment e carisma una dei migliori prospetti visti nel wrestling americano negli ultimi 15 anni. A mio modesto parere le sue abilità di interazione con il pubblico e le sue doti al microfono sono superiori anche a quelle di John Cena, l’uomo d’oro dell’ultima generazione. Hogan e Bishoff lo hanno compreso fin da subito e su di lui hanno lavorato egregiamente, con pazienza ed oculatezza, rendendolo prima heel odiato, poi face un po’ troppo integerrimo per farlo amare e infine
tweener anticonformista contro tutto e tutti che è la dimensione che gli appartiene maggiormente. Se avessero lavorato così su tutti i migliori talenti del
roster non sarei qui ora a scrivere articoli di critica al loro operato. Purtroppo per loro però la lista delle
superstar create dal magico duo si ferma qui. Si pensava che Pope, comunque già lanciato da Russo nel periodo precedente al loro arrivo, potesse diventare altrettanto importante ma dal post
BFG ha perso appeal, è comparso sempre meno e con il
turn heel si ritrova in un limbo creativo dal quale al momento sarà difficile uscire.
Abyss poteva essere candidato a tornare un main event di primo livello grazie all’appoggio incondizionato di Hogan e al breve ed illusorio
push che lo ha riguardato. Purtroppo la gloria per lui è durata poco e dallo scorso autunno è tornato ad essere la figura di secondo piano che era già nel 2009. AJ Styles non ha bisogno di essere trasformato in superstar da nessuno perché lo è già da almeno cinque anni ma certamente il duo cercò di renderlo ancora più importante e prestigioso con il lungo regno da campione mondiale. Peccato che ciò che è successo dalla perdita della cintura, come sconfitte a ripetizione contro il ritirato Dreamer o
feud di secondo piano, non abbiano proseguito il lavoro iniziato nei primi mesi. Matt Morgan, protagonista assoluta di tre mesi tra ottobre e gennaio, attualmente fatica ad apparire ad Impact e se lo fa è solo per qualche rissa contro Hernandez, magari in compagnia di Brother Ray. Rob Terry, persino lui, ebbe un effimero periodo di gloria con vittorie su vittorie nel tentativo di renderlo credibile agli occhi del pubblico ma anche in questo caso Hogan e Bishoff cambiarono idea in fretta e smisero di puntare su di lui. Jeff Hardy, comunque celebrità già nota e apprezzata dal pubblico, è stato
pushato pesantemente fin dal primo giorno del suo arrivo in TNA fino a diventare campione mondiale e simbolo principale della
stable dominante degli Immortals. Peccato che i due abbiano puntato sull’uomo sbagliato che non pago degli errori commessi in passato e dei numerosi problemi legali è nuovamente incappato in situazioni negative che da sempre ne hanno minato una potenziale grande carriera. Nessuna sorpresa per chi da anni ribadisce che non è uomo a cui affidare le sorti di una federazione. C’è solo da domandarsi come Hogan e Bishoff non l’abbiano capito decidendo d’investire su un uomo incapace di poter portare avanti un progetto a lungo termine. Un altro errore madornale che altrove si sarebbe pagato pesantemente.
Come potete vedere i talenti lanciati non sono molti, anzi è uno, talmente bravo che sarebbe stato comunque molto difficile bruciare. E i talenti sprecati invece?
Tra i tanti spiccano tre nomi: Samoa Joe, Christopher Daniels e Desmond Wolfe. Il primo anche se non sempre trattato a dovere dalla precedente gestione era comunque un main eventert, un personaggio rispettato e credibile al top della federazione. Nell’ultimo anno invece sono più i PPV saltati per mancanza d’idee che quelli a cui ha preso parte, con diversi
job, numerose umiliazioni e
storyline che non hanno portato a niente(vedi rapimento). Adesso feuda da due mesi con Pope in quello che appare come un
riempitivo ma mai il personaggio di Joe era stato così declassato e umiliato come dalla gestione del magico duo. Non è andata meglio agli altri due, Daniels e Wolfe, costretti ad abbandonare la compagnia. Se nel caso di Wolfe vi sono attenuanti legate a problemi personali e di salute del wrestler inglese, nel caso di Daniels non vi sono scusanti. Semplicemente Bishoff e Hogan non hanno creduto in lui, come Easy E aveva già fatto in WCW, e Daniels, da persona intelligente qual è, ha abbandonato la barca prima che affondasse, prima di ritrovarsi deriso ed umiliato come toccato invece al povero Nigel, costretto al ruolo di
comedy jobber asservito alla sua
valletta. Se si pensa che i tre wrestlers in questione erano stati con AJ i tre grandi protagonisti di quell’eccellente PPV che fu Turning Point 09, l’ultimo prima della catastrofe Hogan, la rabbia sale per lo spreco di talento perpetuato ai danni di noi appassionati e per la cecità manageriale di due dinosauri anacronistici rinchiusi nella torre d’avorio della loro ignoranza e supponenza.
Tirando le somme, i numeri parlano chiaro. Gli ascolti non sono migliorati, la concorrenza alla WWE è fallita, le nuove produzioni televisive si sono rivelate un buco nell’acqua, nessuna stella è stata creata(Anderson a parte) e diversi talenti sono stati bruciati, il livello qualitativo degli show è peggiorato, i PPV sono divenuti inguardabili e invendibili
(in piena tradizione WCW) e la compagnia ha perso i suoi tratti distintivi finendo con l’assomigliare sempre di più alla WWE. Fate vobis, a voi i giudizi, a voi le conclusioni. Hogan sostiene che un anno è troppo poco per giudicare un lavoro e che McMahon ci ha messo trent'anni ad arrivare dov'è. Falso. McMahon ci ha messo vent'anni a creare la WWF semplicemente perchè prima neanche esisteva il concetto di sport-entertaiment applicato al wrestling. E' McMahon che ha creato un mercato televisivo internazionale laddove prima c'erano solo produzioni locali. E no, non ci ha messo trent'anni a diventare leader di settore dal momento che è monopolista o quasi dal 2001, ovvero da 10 anni. Nel mondo dello spettacolo non si ha una seconda opportunità di fare una prima impressione. O si colpisce subito o è dura venire notati in seguito. Se una serie tv dopo le prime cinque puntate non registra ascolti viene tagliata dal network. Non importa chi sia il regista, chi siano gli attori o la qualità dell'opera. Se non si fanno
ratings, il network taglia. Per cui sarei curioso di sentire Hogan affermare ad un network che ha bisogno di 10 anni per ottenere un aumento dei ratings. Probabilmente chiamerebbero la neuro e avrebbero ragione.
Questo quadro non deve apparirvi a tinte fosche. E' una situazione difficile ma ciò non toglie che spesso Impact sia particolarmente godibile e che alcuni eventi siano di pregevole fattura(vedi recenti puntate in North Carolina). Si tratta solo di armarsi di santa pazienza e attendere al massimo un paio d'anni quando Hogan e Bishoff a causa della loro incorente e folle condotta non miglioreranno gli ascolti della compagnia e pronti a lasciare la "barca che affonda" abbandoneranno la federazione per dirigersi verso altri entusiasmanti progetti come reality show familiari, biografie di dubbio interesse e chissà quale altra genialata televisiva i due tireranno fuori. O perchè no, un bel ritorno a Stamford e dintorni per brindare con lo zio Vince con il calice della coerenza e della deontologia professionale.