Dopo svariati anni di affezione nei confronti dello
Sport-Entertainment, proprio nel momento forse di minore interesse, una idea mi ha accarezzato la mente. Quello che intendo proporre è un qualcosa di non consueto sui siti di wrestling, un’analisi, un approfondimento su quelle parti della disciplina che assai raramente vengono prese in considerazione. Da quando ho cominciato a seguire gli show, prima solo Smackdown! nel periodo di massima esposizione mediatica su Italia 1, poi su internet RAW, i PPV, per arrivare alla TNA e al quasi abbandono di tutto, fino probabilmente a breve alla ROH, da quando nelle notti della calda estate del 2007 mi lancia in larghi approfondimenti storici sulla
Attitude Era in WWE, e soprattutto da quando ho cominciato a frequentare vari forum di wrestling, mi sono accorto di avere una visione tutta particolare di questa disciplina. Da questa prima puntata sarà mia intenzione mostrarvi questo lato oscuro, quei piccoli ma anche grandi particolari che rendono di successo e/o di qualità uno show, quel tipo di analisi che raramente vengono fatte, poiché esulano dall’attualità, dalla
storyline di oggi e anche da quelle di ieri, esulano dalla cronaca e dal racconto storico, ma sono a mio avviso le basi su cui si fonda non solo uno show di wrestling, ma un qualsiasi show o serial televisivo. Insomma, benvenuti alla prima puntata, The Doctor Is In!!
La storia letteraria e televisiva è fatta di grandi personaggi, prima ancora che da grandi storie. Un grande personaggio è quello che crea interesse e tiene il lettore o il telespettatore sul libro, a prescindere dalla vicenda che a lui capita. Si possono portare vari esempi, partendo dai classici della letteratura italiana, ne “La Coscienza di Zeno” di Svevo, tutte le vicende raccontate sono unicamente evocative della personalità contorta e nevrotica di Zeno; nei racconti gialli di Simenon, spesso non è una combinazione di fatti particolarmente contorta a rendere vivo il libro, bensì la personalità del personaggio del commissario Maigret. Il protagonista, o i protagonisti (si possono fare esempi anche di serie con più di un personaggio principale), di una storia è fondamentale per la riuscita della stessa. È importante una caratterizzazione ben precisa, ma che allo stesso tempo permetta a ogni capitolo di aggiungere un qualcosa, una sfaccettatura che lo porti ad essere completo, non per forza umano o reale, ma completo, con i suoi pregi e i suoi difetti, le sue debolezze e le sue forze. E a questo punto voglio arrivare alla vera mia intenzione: tralasciando tutta la parte letteraria e concentrandosi sugli show televisivi (dei quali il wrestling fa parte), quanto la riuscita di un personaggio dipende dall’interprete, dall’attore che lo impersona, e quanto invece dipende dall’abilità dello scrittore (il booker) nel dargli una caratterizzazione? Perché abbiamo avuto 6 James Bond diversi, mentre film come “La vita è bella” e “L’attimo fuggente” sono tali grazie alle performance degli attori protagonisti Benigni e Robin Williams?
Ora, è ovvio come, anche i personaggi più caratterizzati, possano essere interpretati meglio o peggio, ma, in linea di massima, potrei azzardarmi a dire che un personaggio fumettistico sia più facile da caratterizzare rispetto a un personaggio che vuole essere realistico. Un supereroe Marveliano o un personaggio di un cartoon sono sicuramente meno sfaccettati, non solo di un Pereira o di un serioso protagonista di un dramma, ma anche di un Montalbano. Mi pare quindi evidente come per essere l’Undertaker, basti essere grossi e alti, con il volto un po’ truce e saper tirare indietro gli occhi, ecco quindi che le capacità di Mark Calaway sono sue mere caratteristiche fisiche; come dire, Yao Ming gioca a Basket non perché è bravo, ma perché è 2,30 cm! Per altro sull’Undertaker si potrebbe scrivere un libro, la riuscita di questo personaggio non è certo data neanche dall’abilità dei bookers nel costruirlo: “l’uomo nero” oltre a essere un topos letterario, è sicuramente un diffuso archetipo (per chi non lo sapesse, credo molti dei miei lettori, gli archetipi, secondo Carl Gustav Jung, psicanalista che si distacca da Freud, sono informazioni innate che ognuno di noi possiede nell’inconscio già dalla nascita), la nostra parte oscura, che ci fa paura. Ed è proprio il vedere esposta e trasposta in un personaggio questa sconosciuta parte oscura che ci fa amare e ci fa appassionare a questo personaggio. Ecco quindi un esempio di caratterizzazione già scritta, scritta nel nostro inconscio, facile da bookare e facile da interpretare: il massimo risultato con il minimo sforzo.
Andiamo a vedere, invece, dove i bookers ci hanno veramente messo lo zampino. Qui posso pensare al lungo lavoro fatto con Edge, ma anche alla figura di “invincibile” di Goldberg, e, soprattutto, a tutti quei personaggi “comuni”, quelli che vanno e vengono, come il classico
heel codardone come JBL. Per quanto riguarda Edge, più che quella dell’opportunista, la costruzione portante è la figura un po’ sopra le righe, coinvolta in scandali sessuali e tradimenti, un po’ pazzo allo sbaraglio, ma allo stesso tempo invece calcolatore. Bravo il buon Adam Copeland per carità, ma la riuscita del personaggio è di gran lunga da attribuire alla caratterizzazione data giorno per giorno dai bookers (infatti poi far turnare un personaggio così lavorato si è rivelato un fiasco!). A proposito di Goldberg o Brock Lesnar, o di qualunque personaggio dominante, il merito del successo è praticamente unicamente di chi ha sviluppato il personaggio, mentre all’interprete resta il merito della struttura fisica (del resto, se ha avuto successo Batista, certo il merito è da attribuirsi ad altri!). Per un Rey Mysterio il discorso può essere più simile a quello dell’Undertaker, perché l’animo umano tende per solidarietà a sostenere il più debole, quindi il
face underdog è un altro topos molto usato: buon lavoro dei bookers sì, ma fino a un certo punto.
C’è da dire quindi che nel wrestling, essendo più vicino al cartone animato giapponese che al film impegnato, ancor più attualmente, c’è sempre una grossa mano di chi scrive le storie e caratterizza i personaggi nella riuscita degli stessi. Ovviamente tornando indietro nella storia si trovano sempre più eccezioni. Gente come Shawn Michaels prima e Triple H poi si sono resi partecipi del loro stesso
booking, guidando lo sviluppo del loro personaggio in una direzione piuttosto che in un'altra, anche attraverso un discutibile dominio fuori
kayfabe del
backstage (o facendosi “la figlia del dottore”, Phil Jackson docet). Altri come Hulk Hogan agli inizi, poi Stone Cold Steve Austin e anche John Cena in parte hanno portato in scena il loro modo di essere. All’epoca di Hulk, c’era poco lavoro dal punto di vista creativo e quindi era ovvio portare in scena se stessi, infatti Hogan è sempre lui, reality, film, wrestling o ruolo dirigenziale che sia. Stone Cold ha addirittura cambiato nome all’anagrafe in Steve Austin, per far capire quanto il personaggio che ha portato in scena per anni a RAW sia molto vicino al suo modo di essere. La sua carriera era mediocre e destinata a terminare con un brutto infortunio, prima che l’arrivo dell’
Attitude Era gli diede la possibilità di lanciare l’innovazione del personaggio “reale”, vicino al sentore della gente perché naturale. Certo che a interpretare se stessi non ci vuole un attore di fama mondiale, e infatti successi di Austin e Hogan dal punto di vista cinematografico, al di là del loro personaggio, non se ne ricordano. Per John Cena vale un po’ il discorso precedente, anche a lui, finita l’orribile
gimmick del rapper, è stato chiesto di portare se stesso in scena; differenze con Stone Cold? Ovvio, se Austin rappresentando se stesso rappresentava un tipo particolare, seppur naturale, Cena rappresenta invece il ragazzo della porta accanto, che senza abilità particolari, se la cava col cuore e la dedizione. Anche qui successi cinematografici non pervenuti, anche se, devo dire, Steven Seagal produce film fotocopia da anni ormai, quindi nulla è precluso, nè a John, né ai due precedentemente elencati.
Abbiamo ormai completato tutto il panorama, dai personaggi più classici, “già scritti”, passando per i grandi successi degli scrittori, fino a quegli attori che sono riusciti a dare qualcosa di più, a mettere qualcosa di proprio nel proprio personaggio. Cosa manca? Manca il self-made atlhete, quello che passo dopo passo si è costruito da solo il personaggio, a suon di sguardi e ammiccamenti. Non ho ancora citato il Robin Williams, quello che qualunque cosa faccia ci mette del suo, che sia “L’attimo fuggente” o “Mrs Doubtfire”. E chi può essere vicino (vicino ovviamente, perché paragonare anche miglior attore tra i wrestler, a uno dei migliori attori in assoluto potrebbe essere una bestemmia colossale) a un grande del cinema se non Dwayne Johnson. Chi è The Rock? Non è un personaggio classico, ma non è neanche la trasposizione di una persona “reale”. Non è certo un personaggio costruito dai bookers, che di lui avevano fatto il classico heel (nello specifico il
corporate champion). The Rock è The Rock punto, a ogni ingresso nel ring, a ogni match con Mick Foley, a ogni apparizione da corporate champion, The Rock ha dato al pubblico qualcosa di più del classico heel, ha aggiunto qualcosa, ha spinto i bookers a farne un personaggio a tutto tondo. Ecco il nostro self-made atlhete, quello che ha costruito attorno a se stesso un personaggio vincente, al di là delle abilità dei bookers, al di là della propria personalità. E la differenza sta lì, se alla fin fine un altro Triple H, un altro Cena, potrebbero sempre esserci, un altro The Rock è e sarà impossibile vederlo.
Sarà invece possibile per tutti i lettori fare tesoro di quest’analisi, al di là del giudizio su uno o l’altro wrestler, al di là delle preferenze, per cercare di vedere e giudicare da un altro lato, da un’altra prospettiva, uno show o una storyline, un ppv o un match. E di questa nuova prospettiva riparleremo nella prossima puntata, The Doctor Is Out!