A NEW ERA (TRULY) BEGINS.
Wow! Me ne vado giusto un po’ di giorni e succede di tutto. Daniel Bryan è il nuovo World Heavyweight Champion; Paige invece conquista il titolo femminile alla sua prima apparizione nel Main Roster; Wade Barrett torna a lottare ed a vincere per due volte consecutive (e non contro gente come Yoshi Tatsu); Antonio Cesaro rinnega Zeb Colter -era ora- e si affida a Paul Heyman la sera dopo aver vinto una Battle Royal che, udite udite, non ha neanche fatto così schifo; l’Evolution si sta più o meno riformando e scontrando con lo Shield che ha trovato nuova linfa grazie al turn face; si torna a giocare su un ipotetico turn heel di John Cena; fatemi prendere fiato……………………. E la Streak non c’è più.
Oltre vent’anni di imbattibilità a Wrestlemania finiti così, in tre secondi, dopo una terza F-5 che ha shockato tutti i presenti al Silver… ehm, Superdome di New Orleans e chi guardava da casa. Io, personalmente, ho saputo della fine della Streak questo lunedì mattina. Il mio amico spoilerone insisteva per rivelarmi almeno uno dei risultati dello Showcase of Immortals e io, alla fine, ho optato per il match tra Undertaker e Brock Lesnar, sicurissimo del fatto che il risultato avesse visto trionfare Undertaker. Avevo appena finito di bere un sorso d’acqua, per fortuna, altrimenti l’avrei sputata tutta quanta quando il mio amico ha pronunciato tre parole: “Ha vinto Lesnar”. Sono rimasto immobile, impietrito, non sapevo davvero come comportarmi. Poi è arrivata la fase della negazione, dove mi dicevo che non poteva essere vero. Quando poi ho accettato l’evidenza sono rimasto in silenzio per cinque minuti buoni.
Forse la Streak non si è chiusa nel modo migliore, sicuramente non è stato questo né il miglior match di Undertaker né di Brock Lesnar, probabilmente non era quest’ultimo l’uomo che mi aspettavo (e auguravo) ponesse fine alla leggenda creata dal Phenom… Ma è successo e sono sicuro che ha segnato qualsiasi appassionato di Wrestling. Anche quando ho visto finalmente Wrestlemania, pur essendo già a conoscenza di quello che sarebbe successo, sono rimasto a bocca aperta dopo quel fatidico conto di tre. Continuavo a ripetermi che non poteva essere vero, ma lo era. Lo è. La Streak è finita. Ed è come se avessi perso una piccola parte di me. Io che non ero proprio il fan numero 1 dell’Undertaker. Io che di 22 match a Wrestlemania ne ho “vissuti” pochi, guardandone la maggior parte (e ammetto, neanche tutti) anni e anni dopo il loro svolgimento. Io che chiamo Mark Calaway scherzosamente vecchiaccio quando ne parlo. Io che in passato ho detto che la presenza di Undertaker a Wrestlemania potesse anche in un certo senso rappresentare un male per l’evento. Io ho provato emozioni fortissime. Posso solo immaginare cosa può aver provato chi era lì, a New Orleans, chi con l’Undertaker in TV c’è cresciuto, chi lo ha amato e lo ha seguito nella sua crociata durata quasi un quarto di secolo. Wrestlemania VII, 24 Marzo del 1991, ventitré anni fa. È più vecchia di me la Streak di Undertaker. Ed ora è finita. E non so cosa pensare, cosa dire, cosa scrivere se non semplicemente ringraziare Undertaker e chiunque abbia lavorato per questo fenomeno impressionante, perché è qualcosa di grandioso, forse irripetibile.
Parlare soltanto della Streak sarebbe ingeneroso nei confronti della WWE e dei suoi lottatori. Se si è chiusa un’era con la sconfitta di Taker, siamo alle porte di un nuovo periodo. È il bello del post-Wrestlemania, in particolare del Raw della sera dopo. Oltre al pubblico, favoloso come lo scorso anno, il sottoscritto aveva una sensazione di novità addosso nel vedere quella puntata. Vedere Daniel Bryan arrivare sullo stage con quelle due cinture alla vita è stato veramente un bel momento. Il coro “You deserve it” (e gli immancabili YES!) ha dato ancora più intensità alla sua celebrazione. Devo dire che, parlando del campione, mi sono sentito sollevato alla fine della puntata. Ricordando i due passati regni di Bryan, durati in totale meno di un giorno, ho temuto il peggio. Ho temuto anche a Wrestlemania, e già il fatto che vincesse domenica non era per me così scontato, ma ho avuto davvero paura quando Triple H è arrivato sul ring, quando ha annunciato il rematch per la sera stessa, quando Batista e Randy Orton hanno teso un’imboscata al Dazzler, quando Hunter ha costretto Mike Chioda a far partire l’incontro. Poi l’arrivo dello Shield mi ha tranquillizzato, ma solo ai titoli di coda ero davvero sicuro che questo regno di D-Bry sarebbe andato diversamente dagli altri.
Parlando ancora di emozioni forti (almeno per chi scrive), Wade Barrett che torna a lottare dove conta merita un suo piccolo spazietto nel mio editoriale. Il lottatore più grande di tutti i tempi[citazione necessaria] non è più solo un tizio che riusciva a farmi ridere da un podio. È tornato ad essere un wrestler a tutti gli effetti e ad esibirsi non più solo negli house show e TV Show minori, ma anche a Raw e a Smackdown (tra l’altro nello show blu hanno anche mostrato le immagini dell’incontro di Raw). Spero di non farmi prendere troppo dall’entusiasmo quando dico che è l’inizio di una nuova era anche per lui. È chiaro che ancora non ha fatto chissà che cosa, ma è normale che ci voglia più di una settimana per riabilitare un character. Prossimi piani per lui? Boh! Personalmente eviterei i titoli minori (è già un tre volte Intercontinental Champion, non è quella la cintura che gli serve), però è anche vero che con un solo alloro massimo non è neanche lontanamente pensabile un suo avvicinamento a determinati ambienti. Certo, Barrett vs Bryan è uno di quei match di cui non mi stancherei mai (come anche Barrett vs Sheamus), ma c’è da ammettere che la differenza di status è troppa in questo momento. Il Money In The Bank è un obiettivo alla sua portata? Lo era in passato -Big Show non ti perdonerò mai- ma ora francamente, sempre per il discorso del doppio titolo alla vita di una sola persona, è abbastanza indietro nelle gerarchie. Se invece le cose torneranno in qualche modo ad essere come prima, con due titoli separati, ci si può sperare un po’ di più. Quello che veramente mi importa è vedere come se la passerà il mio britannico preferito (e ce ne sono molti di britannici che mi piacciono) tra circa un anno, a San Francisco. Se sarà in card, in un match non-indecente, penso si possa considerare una bella soddisfazione per lui.
Ho molti britannici tra i miei preferiti, come ho appena detto, e anche la mia preferita è britannica: Paige. Ed è la nuova Divas Champion. Sì, fa un po’ strano a dirlo visto che fino ad una settimana fa non la si era mai vista a Raw, però è vero. Ci sono le prove. Lunedì notte, la debuttante Anti-Diva ha sconfitto un’arrogante AJ Lee che doveva perdere il titolo in qualche modo… E lo ha perso forse nel modo peggiore, dopo quasi trecento giorni di regno. Quasi un anti-match si potrebbe definire infatti quello che ha visto trionfare Paige. Un minutino di contesa, solo una manovra da parte della vincitrice, la Paige Turner e via: nuova campionessa. Mi ha dato una sensazione simile a quella del famoso match di 18 secondi di Wrestlemania XXVIII, con le dovute differenze, questo è ovvio. Spero, a questo punto, che come accaduto per il match dei 18 secondi ci sia una rivincita degna di nota dove le due lottatrici possano esprimersi al meglio; anche perché non capita spesso che ci siano due divas che sanno lottare a contendersi il titolo.
Devo dire poi che il personaggio di Paige mi ha un po’ sorpreso: ad NXT non avrebbe mai detto roba del tipo “Non sono pronta” e magari avrebbe reagito subito agli attacchi di AJ. La mia speranza (e sensazione) è che l’angle proposto a Raw sia stato messo su principalmente per dare l’idea di una AJ che si sente superiore al resto della categoria e che alla distanza uscirà il character di Paige che ha funzionato benissimo nel territorio di sviluppo.
Ci sarebbe anche altro di cui parlare, lo so, ma non mi piace dilungarmi troppo e preferisco dunque prendermi del tempo per riflettere su altri argomenti. Vi do quindi l’appuntamento tra due settimane, quando la WWE (si spera) non avrà buttato nella latrina quanto di buono ha realizzato nell’ultimo periodo.