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TNA POINT #11 - L'uomo della controversia: Chapter 1

Bentornati amiche ed amici al TNA Point. Oggi vi volevo parlare di un argomento di cui si discute spesso e che suscita sempre grandi contrasti: Jeff Jarrett. Si tratta probabilmente del wrestler sul quale ho avuto il più grande cambio d'opinione in vita mia. Due anni fa,quando scrissi per la prima volta su questo sito, esordii con una rubrica che se la prendeva, senza mezzi termini, con Jarrett per l'ennessima riconquista del titolo mondiale. All'epoca non ne avevo una grande opinione, mentre oggi, avendo potuto approfondire meglio la sua carriera e avendo rivalutato certe sue qualità,lo stimo e lo ammiro molto. Dato che molti fans, in particolare quelli della nuova generazione, non hanno potuto vivere in diretta il Jarrett pre-TNA, o non conoscono bene neanche i primi tempi della federazione di Nashville, mi sembra operazione utile rivivere in due "puntate" la storia di Jarrett: nel periodo pre-TNA e in quello TNA perchè per capire e valutare chi è oggi il King Of The Mountain, è fondamentale conoscere la sua storia per meglio comprendere le tappe che hanno contribuito alla sua formazione. Si tratterà nella prima parte di una biografia riassunta unita a commenti e rivelazioni forse non note a tutti e nella seconda invece di un analisi sul suo operato in TNA, come wrestler e anche come booker e dirigente, e in particolare sulla domanda "E' giusto che Jarrett abbia vinto così tanto in TNA?".

Ma bando alle ciance e partiamo subito con la prima parte:

Jeff Jarrett è uno dei personaggi più controversi della storia del Pro-Wrestling. Pochi altri sono riusciti ad essere così discussi, così catalizzatori d’attenzione, così polarizzanti. O lo si ama o lo si odia, raramente esistono le mezze misure con lui. E la sua forza sta proprio in questo: tutto ciò che fa non passa inosservato ma suscita polemiche e accese discussioni tra i fans su internet, insulti e acclamazioni dal pubblico delle arene e dibattiti, processi penali e contestazioni da parte degli altri addetti ai lavori. E’ l’incarnazione del teorema non scritto più importante del wrestling: “Non importa se sei applaudito o fischiato, ciò che conta è suscitare una reazione”. E Jarrett una reazione, positiva o negativa che sia, la suscita sempre e comunque. Non è una coincidenza, non è un atto di stima o una testimonianza di odio innata e piovuta dal cielo. Jarrett si è costruito un personaggio nel corso degli anni, dagli albori della sua carriera fino ai tempi recenti, sempre al centro di controversie e polemiche, dove screwjob e promo shoot sono all’ordine del giorno. Perché a Jeff non interessa la via facile per raggiungere un traguardo, non piacciono le banalità e la normalità. Non è una questione di orgoglio, non si tratta di una sfida con se stessi ma di puro piacere per la polemica, per il creare interesse attraverso i contrasti e per la provocazione. Jeff sa che cercando la soluzione più facile risolvere il problema è una formalità, ma sa anche che arrivando al successo attraverso il percorso più difficile e tortuoso si entra direttamente nella leggenda. Una vera e propria filosofia di wrestling che accompagna Jarrett fin dall’inizio della sua carriera.

Come interpretare altrimenti il fatto che il figlio di uno dei più importanti promoters di wrestling del Tennesse, Jerry Jarrett, abbia iniziato la sua avventura non come campione di una qualsiasi federazione di quello stato, come pure avrebbe potuto fare, bensì da arbitro per studiare da vicino i segreti e le caratteristiche di questa particolare disciplina. Un segno di maturità precoce che oggi, nell’epoca dei Cody Rhodes e Randy Orton subito immeritatamente nel main roster e negli spot principali, potrebbe persino apparire anacronistico e inutile. In realtà contribuì notevolmente a formare il Jarrett wrestler, che ben presto s’impose all’attenzione dei più grandi esperti del settore come una delle migliori rivelazioni del tempo, per la sua abilità ad unire la ring psycology tipica dell’old school all’atleticità che si stava sempre più diffondendo in quegli anni. E che Jarrett fosse un predestinato lo si capì subito. Infatti il suo primo avversario dopo l’approdo nella WWF, la più importante federazione al mondo, sarebbe dovuto essere niente meno che il grande Bret Hart, in una sfida valida per il titolo intercontinentale. La sconfitta del canadese contro Davey Boy Smith a Summerslam, non permise lo svolgimento dell’incontro ma si trattava solo di un rinvio dell’appuntamento con la gloria. Infatti il suo primo regno da campione intercontinentale, sotto la gimmick del cantante country del Tennesse “Double J”, fu ottimo. I suoi scontri contro Razor Ramon/Scott Hall e The Roadie/Road Dogg (che contribuì esponenzialmente, da grande heel quale era, a rendere over e a lanciarlo) furono utili per tenere alto il prestigio di una cintura all’epoca ancora considerata importante. Ma ciò che fece capire definitivamente le potenzialità di quel ragazzo del Tennesse fu l’incontro, durante il suo secondo regno, contro Shawn Micheals nel luglio del 1995, in uno dei PPV “In Your House”. Un match straordinario, intenso e bellissimo, che fece capire a tutti le (grandi) qualità di Jeff Jarrett. Sì, è vero uscì, sconfitto da quella sfida ma fu lui il vero vincitore morale della contesa, perché aveva dimostrato, una volta per tutte, che era all’altezza degli uomini migliori e che poteva puntare in alto. D’altronde se uno come Shawn Micheals, che di match a cinque stelle ne ha fatti a bizzeffe, lo ha recentemente citato come uno dei suoi migliori incontri in carriera vuol dire che quello scontro qualcosa di speciale lo fu per davvero.

Purtroppo il proseguimento della sua carriera non fu così ricco di successi e glorioso come ci si sarebbe potuti aspettare dopo quell’incredibile incontro. Infatti seguirono mesi di crisi, un ritorno che sapeva di fallimento all’USWA del padre e poi l’arrivo in WCW. Jarrett, d’altro canto, è fatto così: alti e bassi, inferno e paradiso, fallimenti e successi. Perché la noia da trionfo non fa per lui, che di certo non soffrirà mai della “malattia” della mediocrità. E in WCW Jarrett incominciò a formare quel carattere controverso che lo avrebbe definito negli anni a seguire. Non c’è dunque da sorprendersi che uno dei fatti più importanti del suo primo stint nella federazione d’Atlanta fu il feud contro Mongo McMicheal al quale Double J strappò la bella Debra, che sarebbe diventata la sua storica manager. Ma non solo. Come dimenticare il suo momentaneo ingresso nella mitica stable dei four horsemen di Ric Flair e il suo successivo feud con la stessa? E’ chiaro che Jarrett, che nel frattempo aveva pure conquistato il titolo US ai danni di Chris Malenko, era diventato un personaggio di spessore, in grado di generare interesse e polemiche. E per questo Jeff, ostinato ad avere successo in quella WWF che non ha mai creduto troppo in lui, decide di tornare alla corte dei McMahon. E Jarrett poteva farlo in modo normale, chiedendo magari anche scusa per essersene andato, o in punta di piedi, come si conviene ad un lottatore in cerca di gloria al rientro?

Assolutamente no perché non sarebbe stato da Jarrett. Jeff infatti in un'edizione di Raw torna ufficialmente in WWF effettuando uno storico promo shoot contro la WCW, criticata pesantemente per non aver investito su di lui e per puntare sempre sugli stessi, persino l’amata Debra viene tirata in mezzo, definita come bella bionda ma idiota. Qualcuno potrebbe pensare che non ci sia nulla di strano e che si tratti di semplice servilismo, o “paraculismo” nella sua accezione più volgare, nei confronti del nuovo “boss”. Niente di più errato perché l’ultima vittima della lista di Jarrett è proprio Vince McMahon, presente a bordo ring come commentatore, e che si vede sfottuto e criticato in diretta tv. Jarrett non ha peli sulla lingua e dice ciò che pensa di Vince senza problemi. Dichiarazioni che lasciano il segno e che creano subito grandi polemiche. La WWF gode per aver ritrovato un character così intrigante e non potrebbe che essere così, altrimenti difficilmente Vince si sarebbe fatto così maltrattare in diretta nazionale da qualcuno che non stima. Jarrett capisce ancora di più l’importanza della controversia per la scalata al successo e decide di abbondare il personaggio del cantante country, troppo old school per la nuova era attitude. E conia un termine che simboleggia perfettamente la sua visione del business, la sua passione per la polemica e la controversia: “Don’t piss me off!!”, come un ammonimento costante ai suoi avversari e nemici. Anche il nuovo look più sbarazzino e accattivante contribuisce a costruire un'immagine che lo avrebbe portato al successo.

Tuttavia non dovete farvi ingannare. Per quanto Jarrett interpreti alla perfezione un heel assolutamente odioso e deprecabile, per quanto ami la provocazione e la polemica nel wrestling, nella vita reale di tutti i giorni Jeff è un uomo tranquillissimo, responsabile e di grandi valori. In un mondo come quello del wrestling in cui party a base di droga e donne sono la regola e non l’eccezione, Jarrett rappresenta una delle poche mosche bianche, uno dei pochi veri uomini di sani principi. A lui non interessano alcool, pillole e rats. Per lui non c’è nessun altra donna oltre alla sua amata Jill, sua moglie, da cui avrà ben tre splendide figlie. E queste sue caratteristiche positive, che sembrano così difficili trovare in questa realtà, finalmente Jeff riesce a ritrovarle in qualcun altro: Owen Hart. E’ un amicizia molto profonda basata su un rispetto reciproco, sulla condivisione degli stessi valori morali, sulla medesima concezione e visione di wrestling. Un legame così forte che viene portato anche on screen, dove i due, accompagnati dalla bella Debra, diventano un tag team in grado di conquistare pure le cinture di categoria. I due funzionano alla grande e per loro sembra spianarsi un futuro roseo di successi e trionfi. Purtroppo il destino, quando ci si mette, è proprio bastardo. Owen, che nel frattempo era tornato a vestire i panni del supereroe Blu Blazer, cade per la rottura dei cavi che avrebbero dovuto sostenerlo in aria per consentirgli uno spettacolare ingresso. L’impatto con il suolo è letale e Owen muore poco dopo. E’ una tragedia immane, che colpisce tutto il mondo del Pro-Wrestling, ma che per Jarrett è una mazzata terribile. Jeff avrebbe dovuto lottare nel match seguente a quello di Owen e la sua intervista pre-incontro è una delle più toccanti e commoventi che abbia mai visto. Il giorno dopo a Raw is Owen, nella puntata interamente dedicata al canadese, Jeff è il più inconsolabile e disperato. Tuttavia il Wrestling che tanto toglie alla vita di questi atleti, dal punto di vista morale e fisico, a volte restituisce qualcosa. Due settimane dopo la tragedia, Jarrett conquista il titolo intercontinentale da Godfather, proprio come avrebbe dovuto fare quella maledetta sera Owen. E’ un trionfo amaro per Jarrett, che come prima cosa dedica la cintura all’amico scomparso. E’ un momento molto particolare e molto umano, ma ormai qualcosa si è rotto dentro l’ex Double J. Non solo per la tragedia che lo ha colpito, ma anche per certe questioni politiche che lo stanno penalizzando e che forse non tutti conoscono.

Infatti un errore molto comune è quello di pensare che Jarrett non fosse ben visto e considerato da parte di Vince McMahon. Il chairman della WWE invece era un grande estimatore di Jarrett, di cui amava lo stile old school e la mentalità, derivante dal padre, che conosceva e rappresentava un tipo di wrestling che ormai non esisteva più. Vince era così contento del suo lavoro che nel 1999 prese in seria considerazione l’ipotesi di renderlo main eventer, di farne il top heel della federazione. Una scelta azzardata vista l’abbondanza del periodo in questione ma che sarebbe stata un giusto premio per un lottatore che aveva così ben lavorato. Eppure c’era qualcuno che non era d’accordo: Stone Cold Steve Austin. Il Texas rattlesnake non vedeva di buon occhio la stretta amicizia fuori dal quadrato tra la moglie Debra (la stessa che lo denunciò per averla picchiata a sangue per intenderci) e lo stesso Jarrett, che SCSA non amava neanche dal punto di vista professionale. Impossibile per lui anche solo provare a comprendere l’esistenza dell’amicizia tra uomo e donna, che in una società come la nostra deve essere per forza una relazione amorosa. Pazienza se Jarrett era felicemente sposato, Austin aveva deciso che Jarrett non solo non andava pushato, ma andava allontanato e non c’era niente o nessuno che potesse fargli cambiare idea. Vince, che ad Austin doveva la vittoria delle Monday night wars sulla WCW e un recupero dell’immagine wrestling che sembrava non potesse più tornare dopo i gloriosi tempi di Hulk Hogan, si trovò con le mani legate e fu costretto a dar ragione al suo pupillo, non rinnovando neanche il contratto in scadenza di Jarrett.

Non che Jeff si strappò i capelli dato che in quel periodo si era lamentato con la federazione per l’inappropriato utilizzo del nome di Owen Hart in certe interviste ed angles di Raw. Vince che non ama essere contraddetto la prese come la goccia che fa traboccare il vaso. L’unico problema è che Jeff è Intercontinental champion (per la quinta volta, record per il tempo) e deve perdere la cintura. In teoria, per ragioni contrattuali, Jarrett avrebbe potuto evitare di affrontare Chyna, sua avversaria, a No Mercy ma Jeff, per rispetto del pubblico, decise di partecipare comunque all’evento, ben sapendo a che cosa sarebbe andato incontro. Infatti Jarrett fu sconfitto e così umiliato da Chyna, che divenna la prima donna a fregiarsi di tale alloro. Un umiliazione che Vince vedeva come una punizione per Jarrett, “reo” di essere prossimo al passaggio in WCW. Uno stint che lo consacra definitivamente nel mondo del wrestling. Jarrett, aiutato anche dalla presenza nel booking team dell’amico Vince Russo, si ritrova coinvolto prima nell’ NWO di Nash, Hall e Bret Hart e poi in una della più contestate, controverse e ambigue storyline di sempre: New Blood vs. Milionaire’s Club. Una battaglia tra la stable di nuove leve guidata da Russo e Bischoff al ritorno e il club dei veterani, capitanati da Hulk Hogan. Jarrett assume un ruolo molto importante, al punto da conquistare per la prima volta in carriera il titolo mondiale ai danni di DDP. Da qui inizia un periodo che sembra fatto apposta per The Chosen One, il prescelto, il nuovo nickname datogli da Russo che ben fa capire cosa ne pensasse l’ex booker WWF del buon Jarrett: fatto di screwjob, titoli cambiati in pochi giorni, cinture vacanti e campioni che rifiutano titoli mondiali. In tutto questo grande carillon di sorprese e ribaltoni, Jarrett riesce in un impresa ancora oggi ineguagliata: vincere 4 titoli mondiali in 40 giorni. Più controverso di così si muore, si potrebbe pensare, ma il meglio deve ancora venire. Infatti nel 2000 a Bash at the beach va in scena uno screwjob, per fama e importanza secondo solo a quello ormai leggendario di Montreal '97.

Quella sera sarebbe dovuto andare in scena l’atteso scontro tra Hulk Hogan, leader del Milionaire’s Club, e Jeff Jarrett, campione mondiale WCW e rappresentante delle nuove leve nonostante la non più giovane età. Un match che viene, fin dal suo annuncio, circondato da grandi polemiche: Hogan infatti, che gode del creative control, non ha nessuna intenzione di perdere mentre Russo ritiene che un suo job avrebbe lanciato a livelli altissimi il nuovo simbolo della federazione, Jeff Jarrett. La disputa va avanti per giorni interi, sembra un braccio di ferro non destinato a concludersi pacificamente e l’incontro, nonostante il grande hype creato, è a serio rischio. La WCW allora per evitare problemi accorda ad Hogan la vittoria. Così si arriva al main event del PPV e appena suonato il gong d’apertura vediamo comparire sullo stage Vince Russo, che realizza uno dei migliori, se non il migliore, promo shoot di sempre accusando Hogan di essere un egoista, di fare politica da backstage che sta distruggendo la compagnia e di essere stufo di lui. Pertanto ordina a Jarrett di sdraiarsi e farsi schienare, regalando a Hogan un titolo che ormai non sarebbe contato più niente. Hogan ovviamente non gradisce e da quel giorno inizierà una causa giudiziaria, sia contro Russo sia contro la WCW, che dura fino ai giorni nostri. Russo dà una nuova cintura a Jarrett obbligandolo a difenderla contro un wrestler che da anni si faceva in quattro per la federazione, tale Booker T, che quella notte avrebbe così vinto per la prima volta il titolo mondiale, e iniziato una lunga faida con Jarrett, che lo avrebbe visto uscire vincitore.

Jeff diventa dunque simbolo dello screwjob del nuovo millennio, diventa il boia della fine del glorioso stint di Hoga in WCW e pertanto se da una parte, dai tifosi che non ne potevano più dell’Hulkster, diventa un vero e proprio idolo, dall’altro, per i numerosi hulkamaniacs sparsi in tutto il mondo, diventa odiatissimo. Un'immagine così diploide che fa la fortuna di Jarrett, sempre più protagonista del nuovo corso WCW e ormai identificato letteralmente con controversie, polemiche, screwjob e “politica” da backstage (in pratica l’HBK, in versione gimmick, “de noialtri”), caratteristiche che ritroveremo spesso nel suo imminente futuro. Ma sul più bello, quando è entrato a far parte della WCW Elite con personaggi del calibro di Ric Flair e Scott Steiner, nuova stella della federazione, la WCW viene comprata da Vince McMahon finendo così la sua gloriosa storia. Un altro scherzo del destino ai danni di Jeff, che sembra destinato a non dover essere mai veramente contento nella sua carriera. Vince nella storica puntata di Raw in cui annuncia ufficialmente l’acquisto della WCW, fa un gioco chiedendo al pubblico quali wrestlers WCW avrebbero voluto vedere in WWF. Nomina persino Sting e Goldberg, che avevano così contribuito a batterlo negli ascolti e che sono lontani anni luce da un accordo con lui, ma non Jeff Jarrett, il simbolo del nuovo corso, che come ciliegina sulla torta viene pure licenziato in diretta. Un' umiliazione ancora più pesante di quella di soli due anni prima. Jeff a questo punto si trova ad un punto di svolta non solo della sua carriera, ma anche della sua vita. Incomincia a balenargli in testa l’idea di buttare tutto all’aria, di ritirarsi e fare altro, magari limitandosi ad aiutare il padre. Ma la passione è un fuoco sacro che brucia dentro tutti noi e non si può spegnere solo con qualche delusione e fallimento. Jeff non può rinunciare alla sua vita, al suo ring, al sudore e alle cadute del quadrato che fanno parte di lui, che lo contraddistinguono e che lo fanno sognare ogni volta. Jeff ama il wrestling e vuole esserne parte importante.

Già ma cosa fare? Dopo qualche incontro nelle indies e addirittura in Nuova Zelanda, Jeff ha davanti a sé varie opzioni: ritornare alla WWF che tanto lo ha umiliato, andare in Giappone ma avrebbe significato distacco dalla famiglia o lottare nel mondo indipendente americano ma i soldi non sarebbero bastati per mantenere moglie e figlie. Come detto all’inizio, Jeff non ama le scelte facili e le scorciatoie. Invece di scalare la montagna passando per il sentiero, Jeff puntò dritto alla parte irta e rocciosa, alla scalata a mani nude di quel monte che ai piedi sembra così spaventare. Jarrett decide di fondare una nuova federazione, di ripartire da zero, creando una compagnia che avesse quei valori morali ritenuti per lui fondamentali, che sapesse sorprendere ed emozionare, che sapesse anche sconvolgere e creare polemiche, che riportasse in primo piano l’importanza del wrestling lottato sull’entertaiment, che facesse del backstage non una trincea di guerra tra gente pronta a pugnalarsi alle spalle ma una grande famiglia unita. Sembra una follia, molti ironizzano o cercano di convincerlo a desistere. Ma a Jeff non importa nulla perché la persona per lui più importante al mondo, sua moglie Jill, lo spinge a crederci fino in fondo, gli dice che crede ciecamente in lui e di perseguire la ricerca del suo sogno.

Jeff non aspettava altro e si lancia subito nella creazione del progetto, di cui parleremo settimana prossima. Il sogno di Jeff si stava realizzando, anzi possiamo dire che si sia già realizzato. Molti detrattori pensano che l’obbiettivo sia battere la WWE o addirittura farla fallire. Ma a Jeff non importa di concorrenza e Monday night wars. Jeff aveva bisogno di costruire un sogno, di esprimere la sua creatività in ambito di wrestling, di emozionare ancora la gente. Il suo sogno è stato veder vivere e prosperare una federazione nata con pochi finanziamenti e tanto cuore. D'altronde risulta difficile parlare di ricerca di profitto e fatturazione in un progetto come quello TNA partito tra il pessimismo generale e in cui all'inizio furono più le perdite che l'entrate. Ma se oggi, in questo wrestling dove nel main stream dobbiamo assistere a vedove sfruttate in angles irrispettosi e morti tirati in ballo in modo disgustoso ogni 5 secondi, resistono ancora concetti di un backstage familiare e di rispetto di determinati valori etici e morali (ma direi in più generale del buon gusto), lo dobbiamo alla TNA di Jeff Jarrett, che è riuscita nell’impresa di riumanizzare il wrestling. Non sarà come battere in ascolti la WWE dal punto di vista economico, ma dal punto di vista dei fans vale sicuramente di più.

Buon week-end e a settimana prossima per la seconda parte. Ciao a tutti.

 

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