Questo numero del TNA Point è dedicato alla memoria di un grandissimo personaggio come "Macho Man" Rnady Savage che ha scritto alcune delle più memorabili pagine della storia di questo folle sport-entertaiment che tanto amiamo. E' incredibile notare come gli appassionati debbano assistere alla scomparsa dei loro beniamini con questa funesta ricorrenza. Ci si dovrebbe "abituare" a simili tragedie ma la verità è che non si potrà mai abituare alla scomparsa di certi grandi personaggi e degli uomini che l'interpretano con tanta passione ed entusiasmo. Ooooh yeah Randy oooh yeah!!Sono cambiate molte cose dall’ultima volta che ho redatto questa rubrica. Ad esempio è cambiato il nome della federazione. Infatti la sigla storica “TNA” è scomparsa dalle t-shirt dei wrestlers, dai turnbuckles dei ring, dal
titantron dell’Impact Zone e da ogni banner del sito ufficiale per essere rimpiazzata dal nuovo nome: Impact wrestling. Il classico colore rosso ha lasciato spazio al blu acceso e il nuovo slogan, “Wrestling matters”, in sole due settimane è stato ripetuto e ribadito almeno un centinaio di volte. In ottica
storyline tutto ciò è merito del responsabile del network che si è rivelato essere Mick Foley, proprio come avevo pronosticato, e in ottica realistica è un riposizionamento del
brand TNA.
Le domande che tutti gli appassionati si sono posti sono: Sarà una mossa saggia? Migliorerà il prodotto? Per quanto concerne il primo quesito la risposta non è né sì né no per il semplice motivo che non credo che una simile operazione possa migliorare o peggiorare la situazione della federazione. Certo posso comprendere perfettamente le ragioni strategiche dietro questa scelta drastica. Non credo sia un caso che dopo un mese e mezzo dall’annuncio ufficiale della WWE di non voler più contemplare nel suo nome il termine “wrestling” in quanto troppo limitante per la sua attività di azienda di entertaiment a 360° la TNA abbia deciso di rifarsi il look e rivedere la sua politica aziendale. Nel linguaggio di marketing la WWE ha lasciato alla concorrenza un vuoto d’offerta, ovvero uno show interamente dedicato al pro-wrestling inteso come tale, che la TNA ha deciso di sfruttare per distinguersi ancora di più dal suo competitor diretto. Fin qui tutto chiaro e limpido. Ma non ritengo che questa manovra possa rivelarsi vincente per il semplice fatto che tale posizionamento, seppur non esplicitato e manifestato altrettanto intensamente, era già stato adottato dalla compagnia nei suoi primi due anni televisivi(2004-2006), il periodo del “New
face of
professional wrestling” e del “We are wrestling”, senza ottenere grandi risultati e vedendosi costretta ad abbandonare la strada della purezza della disciplina.
Hogan e Bishoff hanno dichiarato che il cambio del nome risiede anche nell’esigenza di non generare confusione con il termine di uso comune negli States che indica con TNA “tette e culo”(Tits N’ Ass), cosa che secondo loro non avrebbe mai permesso alla TNA di essere presa sul serio. Personalmente dubito fortemente di questa ipotesi perché fosse stato realmente così la TNA non sarebbe mai riuscita a raggiungere certi risultati d’ascolti presso il pubblico mentre se il problema è rappresentato da eventuali sponsor e partners finanziari dubito che “Impact Wrestling” possa suscitare maggiore considerazione in un momento in cui la WWE stessa si “vergogna” ad inserire quel termine nel suo nome aziendale.
Tutte queste analisi riguardano l’aspetto manageriale della vicenda e visto che questa è una rubrica dedicata al pro-wrestling ritengo sia inutile e poco stimolante proseguire la nostra disamina secondo il punto di vista del business. Molto più interessante agli occhi dell’appassionato il tema dell’evoluzione della federazione in termini di storyline ed incontri. E’ evidente che ci troviamo di fronte all’ennesima rivoluzione di casa TNA che dimostra una coerenza strategica e una longevità dei suoi responsabili pari a quella di uno stato sudamericano. Per carità nessuno rigetta il ritorno alle origini, la corsa verso un pro-wrestling non dimentico del suo passato ma orgogliosamente fiero di ciò che ha da offrire ma risulta faticoso seguire e appoggiare le continue evoluzioni di una federazione incostante e instabile. Si è passati nel giro di un anno da una federazione vintage, manifesto degli anni 80’ e apologia del wrestling come puro spettacolo d’intrattenimento al periodo in cui la TNA ricordava da vicino l’
attitude era degli anni novanta per personaggi coinvolti(vedi Anderson) e storyline proposte per finire ad oggi ad un wrestling duro e puro, un omaggio allo spirito combattivo dei primi tempi della TNA. Se fatico tremendamente ad entusiasmarmi per questo cambiamento epocale della compagnia non è per mancanza di ottimismo o perché ritenga fallimentare il progetto o i suoi contenuti. Anzi. Sono sempre stato un convinto sostenitore della tesi secondo la quale la TNA avrebbe fatto bene a prendere le distanze dal modus operandi della WWE per proporsi al grande pubblico come alternativa e non copia della federazione di Vince McMahon. Da fan della TNA di AJ, Joe, Daniels e degli AMW sarei felicissimo di un ritorno a show con match spettacolari e meno pietosi siparietti.
Dunque da appassionato posso anche esultare per questa ennesima virata del managment ma non posso certamente pensare che un ritorno a ciò che in passato aveva fallito in termini di
ratings(il wrestling puro) possa ora magicamente funzionare dopo 4 anni di entertaiment allo stato brado, in cui si è cercato di allontanare lo zoccolo duro degli appassionati dei primi tempi per attirare l’attenzione dei fans WWE delusi o in cerca di nuova esperienza. Più che altro ho il timore che il tanto decantato “wrestling matters” possa esprimersi solo in maniera quantitativa e non qualitativa. Mi spiego meglio. Vedremo solo più incontri rispetto a prima, magari con meno
overbooking e una maggiore impostazione sportiva, oppure vedremo anche incontri migliori dal punto di vista qualitativo, senza noiose holds, senza rallentamenti da anni 80’ e con tutta l’adrenalina e la tecnica degli incontri X-
Division di un tempo? La paura è che questa tendenza al wrestling più puro sia solo una mera opera di maquillage, utile ad attirare nuovi o vecchi fans come estrenui difensori del caro amato pro-wrestling per poi proporre incontri non all’altezza delle aspettative.
La paura più grande però riguarda Impact. Le prime due puntate della nuova versione della federazione hanno messo in luce una caratteristica peculiare: Ci sono più incontri rispetto a prima e pochi segmenti. Nulla di strano considerando il nuovo trend della compagnia ma ciò non toglie i dubbi legati a questa strategia. Ho sempre ritenuto che la funzione principale degli show settimanali sia quella di generare
hype per gli incontri da disputare in PPV e di divertire lo spettatore con segmenti divertenti mostrando qualche buona azione
in-ring. Non sono mai stato un fan del metodo
WCW, del considerare le puntate settimanali più importanti dei PPV. Certo così facendo si potrebbero ottenere ascolti superiori ma siamo sicuri che sia una tattica corretta? Non a caso a portarla avanti fu quella WCW che non si può sicuramente considerare un esempio di perfetta gestione al di là delle annose questioni sulle responsabilità della sua fine. Dare importanza eccessiva agli show di conseguenza significa sminuire la rilevanza dei PPV. Perché uno spettatore americano dovrebbe spendere 40 dollari quando può assistere ad incontri di primo livello come l’inedito o quasi RVD vs. Angle gratuitamente? Si potrebbe rispondere che la compagnia evidentemente vuole puntare esclusivamente sugli ascolti ma neanche questa risposta mi soddisfa.
I buyrates dei PPV sono fondamentali per qualunque compagnia che lavora in questo ambito. La WWE ha incominciato a sentire davvero la crisi non con il calo degli ascolti ma quando la gente ha smesso di acquistare in massa i suoi PPV. La Boxe ha sancito il suo stato di sport in crisi a partire dai dati sconfortanti delle vendite in PPV mentre l’UFC tutt’ora basa il suo vincente business model sul successo delle vendite degli eventi a pagamento. E proprio la compagnia di MMA di Dana White potrebbe offrire un perfetto metro di paragone per comprendere come ritenere troppo importante la televisione commerciale possa risultare una mossa negativa.
L’UFC ha sì qualche programma o evento che manda in onda gratuitamente su Spike Tv(The Ultimate Fighter, UFC Fight Night Live) ma non si sognerebbe mai di regalare agli spettatori match di primissimo piano come quelli che spesso la TNA decide di organizzare ad Impact. Gli ascolti di alcuni programmi tv dell’UFC sono in calo ma nella federazione nessuno è scontento perché al contrario i buyrates sono in forte crescita. Allora verrebbe da domandarsi quanto convenga alla federazione di Nashville offrire PPV trasformati in puntate settimanali come accaduto con Sacrifice(il match con Chyna e Karen era perfetto per uno show tv ma terribile per un PPV pagato a caro prezzo)e puntate settimanali trasformate in PPV(Angle vs. RVD). Certo per vendere eventi bisogna prima conquistare il pubblico regalando incontri gratuiti per attirarli ma la TNA usa questa strategia da quattro anni ormai e non mi pare abbia dato risultati soddisfacenti. I puristi della disciplina potranno pure esultare per un ritorno a show con tanta azione e poche chiacchere ma quando arriverà il momento fatidico del PPV come si farà a superare la qualità e l’azione mostrata per quattro settimane di fila? Dove sarà la differenza tra un PPV ed Impact se quest’ultimi avranno sempre più incontri e sempre meno segmenti?
Mi rendo conto che siano esasperazioni ma spesso è proprio esagerando un ragionamento che si è in grado di metterne in luce i possibili difetti logici. In ogni caso non è mia intenzione fare un processo alle intenzioni alla compagnia prima che possa mostrare con completezza il suo nuovo progetto. I dubbi rimangono ma toccherà ora al magico e dinamico duo tentare di smentirmi e smentirci almeno una volta…