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Apr12

TNA POINT #78 - La fine di un sogno?

In questi giorni si è ovviamente parlato molto di Wrestlemania dal momento che lo scorso week-end si è svolta le ventisettesima edizione del grand stage of them all. Mi perdoneranno i lettori dunque se in questa edizione non mi occuperò di stretta attualità in casa TNA ma mi concederò una riflessione d’ampio respiro sulla situazione globale del pro-wrestling americano.

Ammetto di non seguire la WWE in modo costante da almeno tre anni e mezzo e di aver visto come ultimo evento targato Stamford WM26, un anno fa. Dunque non sono certamente il giudice più obiettivo e preparato per poter esprimere un parere approfondito sul prodotto made in WWE. Ciò nonostante ritengo di avere una certa esperienza nei panni di appassionato e devo ammettere che a leggere la card di Wrestlemania mi è venuta un po’ di tristezza. Dove sono i grandi nomi? Dov’è la magia dell’evento imperdibile? Dove sono i dream match da aspettare con febbrile attesa? Dove sono le stelle da consacrare? Leggere nel main event il nome di The Miz, quello che annunciava le divas e veniva umiliato persino da Daniel Puder, mi ha fatto cadere le braccia, per non essere scurrile. Lo so, lo so, Miz è “bravissimo al microfono, è un grande entertainer, è migliorato sul ring” come da almeno un paio d’anni sento ripetere dai fans WWE ma la realtà dimostra come Miz sia un mediocre wrestler sul ring e un entertainer degno di qualche comedy opener di PPV di transizione, certamente non del main event dell’evento più importante dell’anno. Alberto Del Rio non lo conosco e pertanto non lo giudico ma è possibile che in un anno soltanto si possa passare dall’essere fuori dalla WWE a vincere Royal Rumble e a partecipare al main event di WM? Soltanto Lesnar era riuscito in un impresa simile ma stiamo parlando di uno dei talenti più cristallini e puri che abbiano mai calcato un ring di wrestling. Un atleta così evoluto e così completo da essere di vincere il titolo di campione mondiale dei pesi massimi in UFC. Del Rio merita altrettanta gloria? Staremo a vedere ma il recente caso Sheamus insegna come certe stelle che splendono così in fretta in modo altrettanto veloce rischiano di consumarsi. Il resto della card è stato puro contorno di un piatto dove la portata principale è stata rappresentata dell’epico scontro tra due leggende prossime al ritiro e che ormai poco o nulla hanno da dire in WWE. Se il match più atteso dal pubblico era un comedy match tra i due commentatori di Raw e se per suscitare interesse nei fans si è dovuti ricorrere ai soliti noti, Stone Cold Steve Austin e The Rock, allora c’è qualcosa che non va e la WWE, ma anche il pro-wrestling in generale, dovrebbe porsi la fatidica domanda: dove abbiamo sbagliato?

Sembra paradossale che l’edizione di WM più povera di star power della storia giunga a dieci esatti di distanza dalla sua edizione più entusiasmante e più divertente, quella WM17 entrata di diritto nei cuori degli appassionati di tutto il mondo. Quella edizione fu la summa di un percorso durato cinque anni, in cui il prodotto WWF era cresciuto al punto tale da divenire fenomeno di costume negli U.S.A. e prodotto televisivo di enorme successo. Il main event tra The Rock e Stone Cold Steve Austin fu l’apoteosi finale, il climax conclusivo di un era che aveva fatto innamorare di questa disciplina diversi milioni di fans e che aveva portato il pro-wrestling ad essere davvero una realtà internazione riconosciuta, concludendo in bellezza quanto poeticamente iniziato con l’era gimmick. Passare da SCSA vs. The Rock a The Miz vs. John Cena è un brutto risveglio e in parte descrive quanto successo in questi dieci anni. Mi rendo conto di apparire retorico perché “il passato è sempre più bello del presente” ma non possiamo neanche trincerarci dietro simili banalità e dunque accettare senza battere ciglio qualunque cosa ci propino WWE e TNA per evitare di essere tacciati come “maledetti nostalgici”. Molte persone provano a spiegare il calo della loro passione anche con la crescita e con i cambiamenti avvenuti nella loro vita. Ciò è indubbiamente vero perché sarebbe folle pensare di avere a trent’anni la stessa passione integralista e totalizzante di quando si è ragazzini. Sarebbe utopistico immaginare che dopo un così lungo periodo di passione non vi sia un calo d’interesse e che tutto ci appaia bello ed intrigante come nei primi periodi di avvicinamento a questo folkloristico mondo. Ricordo che quando iniziai a seguire Raw, che all’epoca veniva trasmesso su Stream, non mi perdevo neanche un edizione di Heat e il peggiore dei match di A-Train mi sembrava comunque appassionante come una sfida tra Bret Hart e Shawn Micheals. Tutto ciò è vero e per chi, come il sottoscritto, segue da tanti anni ha il dovere di mettere in conto l’avanzare dell’età e il lungo cammino da appassionato tra i fattori che possono aver incrinato la visione del prodotto WWE. Al tempo stesso però sarebbe fin troppo facile spiegare questa evoluzione negativa soltanto con simili variabili inevitabili. “ Non siamo più ragazzini, seguiamo da troppo tempo ormai. Conosciamo le regole del gioco e nulla ci stupisce” ripetono diversi utenti del wrestling web nel tentativo di spiegare anche a loro stessi come mai quest’ultima edizione di WM appaia tanto scialba e povera.

Dunque non sarebbe l’edizione in sé ad essere triste ma il filtro dei nostri occhi, offuscato dalla perdita dell’innocenza fanciullesca, a distorcerla e renderla tale. Ma è davvero così? La realtà quotidiana con cui ci confrontiamo ci dice invece che questa è una comoda bugia, utile solo ai pigri creativi di Stamford per adagiarsi su allori abilmente costruiti da illustri predecessori nel tentativo rivolgersi ad un più facile pubblico giovanile, affamato di qualunque cosa sia pro-wrestling al di là di qualsiasi giudizio estetico, artistico o razionale. Se ci sono persone che da 20 anni seguono i Simpson, da 10 CSI, da 8 Dottor House e da 30 l’Ispettore Derrick, anche se ormai sono solo repliche, non si capisce perché mai la WWE non potrebbe essere in grado di fidelizzare i suoi fans per periodi di tempo simili. La natura dello spettacolo dovrebbe favorire il rinnovamento dell’interesse dal momento che basandosi comunque su un attività sportiva l’evoluzione degli atleti e il cambio generazionale dovrebbero tener vivo il desiderio di seguire lo show nel corso degli anni. Allora tali considerazioni ci portano a pensare che al di là di discorsi contingenti relativi ai singoli fans vi sia un evidente calo della qualità del prodotto offerto dalla WWE e che questo calo abbia finito con l’incidere anche sulla perdita di molti spettatori nell’arco di questi dieci anni. Pertanto affermare che WM27 rappresenti il punto più basso della storia recente WWE non è facile retorica, non è esaltazione del passato fine a sé stessa ma semplice constatazione di una realtà confermata ormai da tempo dai bassi ascolti raccolti da Raw e dalla difficoltà del follower TNA d’imporsi a livello di notorietà.

Basiamoci dunque sui fatti, sui dati nudi e crudi e non sul sentimentalismo nostalgico all’insegna del “Ai miei tempi Miz avrebbe jobbato a Danny Basham e se lui è un main eventer, Eric Young è già leggenda”(affermazioni tra l’altro vere). L’era conclusa a WM17 fu resa grande da wrestlers ed entertainers del calibro di The Rock, Steve Austin, Triple H, Undertaker, Mick Foley, Shawn Micheals, Bret Hart e altri ancora che avevano guidato la WWE fuori dal viscido guado dello scandalo steroidi di metà anni novanta e l’avevano condotta all’altare della gloria del 9.2 di ratings raggiunto a fine millennio. Da quella sera a Houston sono passati dieci anni e quali nuove stelle sono nate per sostituire questi splendidi personaggi che in quell’evento si resero protagonisti del loro personale canto del cigno? Verrebbe da rispondere nessuna se Austin e The Rock a WM27 riescono a ricevere pop che neanche gli attuali main eventers sono in grado di pareggiare e se il match clou della card è un rematch di dieci anni fa.

Se guardiamo con attenzione agli anni successivi a quell’evento il vero momento di rottura fu rappresentato dal 2002, quando cioè terminarono gli ultimi postumi della storyline dell’Invasion che aveva portato in WWE i maggiori talenti di WCW ed ECW e la federazione decise di scindersi in due roster distinti e separati: Raw e Smackdown!.

Dal 02 in avanti la WWE tentò di voltar pagina e di creare le sue nuove stelle, i nuovi HHH e HBK, i nuovi The Rock e Stone Cold Steve Austin. Inizialmente puntò tutto su Brock Lesnar, un atleta fenomenale che rappresentava una novità assoluta nel pro-wrestling americano e che era dotato anche di carisma e abilità come entertainer. Sembrava il nuovo “crack” della WWE dopo Hulk Hogan e The Rock, il talento che avrebbe guidato la compagnia negli anni successivi e che sarebbe stato il precursore di una nuova generazione di lottatori che avrebbe unito magnificamente atletismo ed entertainment. Purtroppo per la WWE in soli due anni il progetto s’infranse per colpa di un ego smisurato di Lesnar che era stato alimentato da una federazione talmente accecata dalla sue abilità dal concedergli troppe libertà e troppi privilegi finendo così per renderlo un arrogante ed ingrato bambino viziato. Il suo addio dopo WM20 costrinse la federazione che aveva lavorato quasi unicamente su di lui(basti pensare che a Raw l’uomo di punta era Goldberg, di certo non un nome nuovo) ad investire su altri giovani prospetti. Si può quindi affermare che i grandi protagonista dell’”era dei due roster“ post Lesnar, tra il 2004 e il 2008, siano stati quattro: John Cena, Batista, Randy Orton ed Edge.

Di questi quattro, le stelle veramente create e soprattutto conservatesi in questi anni si riducono a due: Cena ed Edge, guarda caso main eventers dei due titoli mondiali a WM27. Una coincidenza? Io non credo alle coincidenze(cit.). Infatti Orton che nel 08/09 sembrava essere definitivamente esploso, che sembrava aver trovato la sua dimensione di main eventer nell’ultimo anno è tornato ad occupare il mid-upper card dopo l’ennesimo noioso regno da campione in cui ha dimostrato di non essere in grado di produrre match di un certo livello e di non saper rendere interessante una faida con un personaggio che vada oltre quello del Viper o dello stronzo. Nulla di nuovo per chi ha da sempre sostenuto la pochezza di un wrestler monodimensionale e terribilmente sopravvalutato. Batista invece si era dimostrata una scelta felice quando era stato capace di tenere testa ad Undertaker nel main event di WM23 regalando un grande incontro e una successiva epica faida con il becchino. Batista aveva anche impressionato solo un anno fa, quando nel feud con Cena aveva regalato promo worked shoot molto intensi e ben interpretati che avevano provato come il ragazzo non avesse solo presenza scenica e una potenza spettacolarizzata ma anche una certa attitudine da entertainer(vedere feud con Eddie Guerrero per credere). Peccato che l’età avanzata, gli infortuni muscolari e la limitatezza sul ring non abbiano consentito alla WWE di farne un nuovo Triple H o il suo Goldberg degli anni duemila.

Cena ed Edge invece pur tra diversi problemi(il pubblico per l’ex rapper, gli infortuni per il canadese) e diversi periodi altalenanti sono gli unici che hanno saputo cavalcare l’onda del successo in maniera costante negli ultimi sette anni. Sono i due personaggi più riusciti, più interessanti, più coinvolgenti e caratterizzanti di quest’epoca e non è un caso che ancora oggi riscuotano successo e facciano parlare di sé. Le loro qualità sono chiaramente evidenti ma bisogna dare atto alla federazione di aver saputo lavorare benissimo sui loro due character che hanno raggiunto l’apice anche e soprattutto grazie alla macchina di Internet, la vera new entry dell’ultimo decennio.
Le figure del “controversial champ” e della “Rated R Superstar” devono al mondo del wrestling web la loro fortuna e le loro origini. A posteriori si può giudicare il feud tra Cena ed Edge come una delle storyline più belle degli ultimi dieci anni, una storia tipica della nostra epoca da social network per come seppe giocare tra finzione e realtà, tra mondo quotidiano e Internet regalando al tempo stesso match incredibili come il TLC di Unforgiven.

Dal 2007/2008 la WWE provò a trovare nuove stelle con cui far interagire le nasciture leggende che si erano già affrontate diverse volte tra di loro in quel breve lasso di tempo. Si provò a puntare su Kennedy ma gli infortuni mandarono tutto all’aria e su Lashley ma si sbagliò valutazione data l’assoluta povertà di carisma del personaggio in questione. Si provò a fare di Jeff Hardy la grande stella della compagnia nel 2008 ma le ragioni che recentemente lo hanno allontanato anche dalla TNA ci spiegano perché il progetto fallì. Nel 2009 si cercò di ripetere l’operazione Lesnar con Sheamus, con titolo mondiale conquistato a pochi mesi dal debutto, ma a WM27 la futura presunta stella non è neanche apparsa a WM, di Wade Barrett, il grande pushato del 2010, il leader del Nexus, si sono perse le tracce nella zona che conta mentre CM Punk dopo un periodo di lancio è finito nel dimenticatoio sconfitto da tutto e da tutti. Ora i nuovi cavalli (poco) vincenti appaiono essere The Miz e Alberto Del Rio e staremo a vedere cosa accadrà.

I fans che sette anni fa si lamentavano di Cena, Edge, Orton e Batista perché indegni eredi di Austin, The Rock, Triple H o Foley adesso li considerano personaggi imprescindibili se paragonati ai nuovi presunti astri nascenti. Sembra che con il passare del tempo la qualità dei main eventers tenda irrimediabilmente a scendere e basta confrontare le nuove stelle come Miz o Swagger o Sheamus con i campioni di dieci anni fa per rendersi conto che il livello qualitativo è realmente sceso e non è figlio di strane elucubrazioni mentali di longevi appassionati. Perché allora la WWE non è riuscita a ripetersi dopo l’era gimmick e l’era attitude? Perché non è riuscita a mantenere alto l’appeal del suo show?

A mio modo di vedere tra le possibili motivazioni vi è anche la mancanza di talenti all’altezza della situazione. Parliamoci chiaro. Austin e The Rock rappresentano eccezioni, non regole perché sono due straordinari entertainers che hanno trovato fortuna anche al di fuori del mondo del pro-wrestling. Rocky in particolare è arrivato a recitare con attori del calibro di John Travolta ed Uma Thurman ed essere protagonista di pellicole hollywoodiane di discreto successo. Austin invece è stato un innovatore per il suo modo di realizzare promo sin dai tempi dell’ECW e la sua partecipazione in diversi film o telefilm americani conferma la qualità delle sue doti attoriali e da intrattenitore. Foley è un genio del ring, un uomo la cui passione per lo sport non può essere facilmente riscontrabile in giovani affamati solo di notorietà e successo. Dietro ai suoi promo che sapevano toccare con intensità le corde emotive del pubblico vi era anche uno scrittore capace di realizzare libri divenuti best seller, non uno sprovveduto ragazzino alla ricerca di qualche frase ad effetto. Raven è uno dei membri del Mensa, un organizzazione mondiale che raccoglie persone dall’elevato Quoziente intellettivo, Chris Jericho ha ottenuto un discreto successo come cantante dei Fozzy e dei trionfi sportivi di Lesnar ed Angle abbiamo già detto. C’è qualcuno tra i giovani sopra citati in grado di risultare appetibile anche a realtà esterne al mondo del wrestling? La risposta è no, se si esclude quel John Cena che è l’unico ad essere riuscito ad entrare nell’immaginario collettivo come rappresentante della disciplina negli ultimi dieci anni. Dunque se si sostiene che i giovani di oggi non sono all’altezza del glorioso passato della compagnia non si cade ancora una volta nel banale. Del resto basta semplicemente ricordare come wrestlers leggendari come Benoit, Jericho, Eddie Guerrero, RVD,Booker T e Rey Mysterio abbiano passato diverso tempo del loro stint in WWE nel mid-card perché il main event era occupato da gente altrettanto brava, se non superiore. Una volta Christian e Jericho lottavano in un feud considerato “secondario”, oggi sarebbero main eventers fissi. E se si pensa che in passato personaggi come Mr.Perfect, Piper e “Macho Man” Randy Savage non hanno mai vinto il titolo mondiale si può ben comprendere come la realtà odierna della WWE sia lontana anni luce dai fasti di un tempo.

Tutto questo discorso sembra trovare conferma nella recente scelta della WWE di cambiare legalmente nome e di divenire puro acronimo senza senso, cancellando così definitivamente il significato della seconda W, cioè wrestling. La compagnia dovrebbe ora girare attorno ad intrattenimento di vario tipo, dal cinema passando per i reality show(Tough Enough) finendo addirittura con i cartoni animati. La decisione non nasce solo dalle intenzioni della famiglia McMahon di difendere la loro immagine per ragioni politiche ma anche perché se ci si rende conto che non si è più capaci di produrre al meglio qualcosa è più conveniente diversificare e allargare il campo d’attività ad altri settori potenzialmente interessanti. Nell’epoca dei reality show, delle grandi serie televisive e dell’espansione mediatica delle MMA il wrestling non “tira” più e non sarà certamente la WWE a cercare di risollevare l’immagine dell’intero movimento.

Allora per coloro che amano ancora questa disciplina l’unica ancora di salvezza a cui aggrapparsi rimarranno le indipendenti, il Puroresu e la TNA come ultimi valorosi difensori di uno sport-entertainment che ha reso così ricca e famosa la stessa federazione che ora invece abbandona la nave che affonda. Nulla di strano ma la vera domanda da porsi è: A che pro continuare a seguire una federazione del genere?
 
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